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A cura di Icro Maremmani
In collaborazione con Stefania Canoniero e Matteo Pacini
I modelli teorici e pratici dell’approccio alle tossicodipendenze si integrano e si saldano nei diversi campi della psichiatria. La comunità psichiatrica ha riconosciuto la centralità delle tossicodipendenze e, nella classificazione dei disturbi mentali, la dipendenza, inscritta fra i disturbi da uso di sostanze, richiama ad una specifica competenza neuropsicofarmacologica. I disturbi da uso di sostanze, frequenti in soggetti affetti da disturbi mentali, si manifestano infatti con gravità diversa (uso, abuso, dipendenza) e con correlazioni di significato variabile (epifenomeno, autoterapia,
complicanza). I fenomeni psicopatologici e l’uso di sostanze convergono con effetti di sommazione o di amplificazione reciproca. In particolare, una nuova sensibilità e un vivo interesse si sono sviluppati verso la ricerca e il perfezionamento di strategie idonee al trattamento dei casi in cui il disturbo mentale è in comorbidità con una dipendenza da sostanze (doppia diagnosi).
La crescita epidemiologica e sociale dell’uso di sostanze aumenta, oggi, le probabilità d’incontro tra paziente psichiatrico e sostanze d’abuso. In una larga parte dei casi,
l’interferenza delle sostanze d’abuso con le terapie farmacologiche genera refrattarietà ed elevata frequenza di recidive; da qui la necessità di adottare strumenti terapeutici raffinati, con basso rischio di interazione tossica con dette sostanze.
Il superamento del modello ambiguo del disturbo di personalità sposta la priorità dell’intervento da quello psicosociale e psicoterapeutico a quello farmacoterapeutico.
Il nuovo modello non vuole assolutamente negare il ruolo dell’intervento psicosociale e psicoterapeutico, ma fornire una guida razionale all’intervento integrato, laddove la psichiatria rappresenti il fulcro di un trattamento complesso. Il ruolo dello psichiatra risulta così il fondamento su cui armonizzare interventi che colgano selettivamente sia gli aspetti culturali, cruciali per l’attività di prevenzione, sia la patologia specifica “da craving”. Siffatta rete di interventi poggia su due presupposti: la tossicodipendenza intesa come malattia del cervello che si esprime fondamentalmente con sintomi psichici e con andamento cronico-recidivante; la formazione medica, oltre che psicosociale, di personale che sia dotato di una solida esperienza clinica. Infatti, oltre ai quadri psicopatologici di intossicazione e astinenza, la concomitanza di disturbi mentali riguarda una parte considerevole dei casi che giungono all’osservazione.
Sono lieto pertanto di presentare questo testo, che illustra le basi conoscitive del disturbo da uso di sostanze e ne indica i criteri per un trattamento razionale. Icro Maremmani ed i suoi valenti collaboratori definiscono il modello operativo di una “psichiatria dell’addiction”, con il quale affrontare le dipendenze intese come disturbi mentali. Si allontana così il paziente dalla “vita da strada”, si curano la tossicodipendenza e i fenomeni di comorbidità psichiatrica. Parallelamente si favorisce la maturazione cognitiva del paziente e quindi la sua riabilitazione psicosociale. Su questo schema logico il sapere psichiatrico risulta di primaria importanza e fondamento essenziale del momento operativo.
G.B.Cassano
Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie
Università di Pisa
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